Capitolo 56: Polvere in controluce









 We won’t say our goodbyes
You know it’s better that way
We won’t break, we won’t die
It’s just a moment of change
All we are, all we are
Is everything that’s right”
All We Are, One Republic, 2007

Da Luglio mi sembra di navigare in un tempo sospeso, in cui l’acqua è tiepida, non ci sono nuvole all’orizzonte o almeno, non a occhio nudo. Un tempo che è come la polvere vista in controluce, che sembra esistere solo e unicamente in quel modo.

A Luglio ho avuto il covid, poi affaticamento continuo, peggioramento progressivo, a Settembre la polmonite, le bronchiectasie che si sono ingrossate, il ricovero, la cura domiciliare. Siamo quasi a metà Ottobre e dopo influenza e febbre forse vedo un po’ di luce.

Lo chiamo tempo sospeso perché seppur difficile e doloroso mentalmente e fisicamente, ti ci abitui. Improvvisamente la tua quotidianità viene sostituita da un’altra, già conosciuta, già detestata, ma nuova

Le preoccupazioni sono nuove, le speranze, le rinunce. Forse anche la forza e la resistenza mentale le riscopri nuove o le conquisti nuovamente dopo tanta fatica. 

Ho parlato tanto con la mia dottoressa, che mi ha e mi sta tranquillizzando, accompagnandomi in questo periodo non troppo sereno. 

Ora la mia speranza, che più che tale penso stia diventando una meta, è aspettare di riprendermi da questa polmonite e ritornare alla mia normalità.

Ho atteso molto a scrivere questo capitolo, si erano aggrovigliati troppi fili, e più passava il tempo più invece di diminuire aumentavano, così come i miei timori e il mio umore si accartocciavano e scioglievano, diventando una massa unica

Non riuscivo a trovare l’inizio di un pensiero senza tirarli tutti allo stesso momento, complice anche il mio stato di salute, che debole com’è ma soprattutto com’era, mi faceva essere più lenta anche nei processi mentali, il più delle volte stanca e senza particolari forze e voglia di dare spiegazioni.

Ero, e in parte la sono ancora, frustrata e arrabbiata.

Frustrata perché non sono sfortunata, ma ho una malattia degenerativa e ciò che mi sta succedendo non è nulla di strano o sconvolgente, purtroppo.

Magari lo fosse, la sfortuna presuppone un qualcosa di lontano dalla realtà quotidiana, qualcosa di inaspettato, ma che con buone probabilità passa e forse ci si riderà su. 

Non si può parlare di sfortuna quando si nominano malattie, non si può e non si deve associare la sfortuna alla fibrosi Cistica o a qualsiasi condizione salutare immutabile. 

Arrabbiata perché sono viva e contenta di esserlo, ho voglia di costruire, rischiare, crescere e migliorare. E si, sono arrabbiata perché mi trovo per l’ennesima volta bloccata nel mio corpo, che per l’ennesima volta non vuole collaborare. 

Alla fine però devo anche farci pace con questo mio corpo, a cui voglio bene, lo perdono e gli chiedo scusa ogni volta che so di averlo trascurato, incolpato addossandogli accuse cattive sperando così di stare meglio, sfogandomi su qualcuno da chiamare colpevole. Ma lui colpevole non lo è mai stato, ed è forse la mancanza di un reale responsabile che rende tutto così frustrante e complesso.

Avrei voluto spiegare di più e meglio ogni singolo evento accaduto, ma mi risulta estremamente difficile al momento. 

Posso però dire che nonostante l’abbattimento e la stanchezza ho ancora più voglia e animo di continuare a lottare per avere, non quello che mi merito, ma ciò per cui mi curo, ciò per cui accetto situazioni poco piacevoli e mi rialzo ogni volta: me stessa e la vita che mi piacerebbe vivere, se non oggi, domani.

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