Capitolo 51: Luci









 Sono occhi di ambra lucida tra palpebre di viole
Sguardo limpido d’aprile come quando esce il sole
Ed io sarò la nuvola che ti terrà nascosta
Perché gli altri non si accorgano di averti persa”
Occhi da Orientale, Daniele Silvestri, 2000

È tutto il giorno che scrivo, cancello, modifico e cancello di nuovo.

Avevo promesso che avrei pubblicato entro Agosto, ma avevo talmente tante cose da dire, sono capitati talmente tanti eventi, che il tempo passava e la serratura che li racchiudeva modificava la sua struttura, impedendo alle numerose chiavi che ricreavo di aprirla.

Oggi però ho ritrovato la serratura spalancata, mi sono così convinta a raccontarvene il contenuto.

Partirò dall’inizio: a Luglio ho iniziato una terapia domiciliare in endovena, ho provato due nuovi antibiotici che mi hanno causato problemi renali. Avevo ogni genere di malessere: dalle vertigini, al formicolio delle dita delle mani, nausea, inappetenza, sonnolenza, così, in accordo con i miei medici, ho fermato tutto, riprendendomi subito dopo. 

La settimana appena successiva, mentre cercavo di rimettermi in forze, ho ricevuto la notizia di una mia parente stretta che era ricoverata grave in ospedale.

La mia mente ha lavorato intensamente in quel momento, ho cercato di essere utile in casa più di prima: ho cucinato spesso, ero naturalmente positiva, ho cercato informazioni, testimonianze. Ho sfruttato conoscenze, ho usato tutta la mia energia per esserci, ma esserci veramente.

Ho anche preso giorni per me, ho risposto tardi a un sacco di messaggi, sono stata lontana dai social e amici, e dopo qualche giorno mi sono risvegliata ancora.

Non pensavo di avere tutta questa forza d’animo, forse perché era da un anno che anche la mia mente era offuscata, stanca e senza forze

In ogni caso la positività non salva da tutti i mali, purtroppo non ha salvato Luciana che un mese dopo ci ha lasciato, creando uno squarcio profondo in tutti noi

Una buca piena di risate, abbracci, chiasso, lasagne verdi, racconti di famiglia, partite a scala 40, natali, detti romagnoli, amore, amore e ancora amore. 

E inaspettatamente, Luglio e Agosto hanno ribaltato totalmente le carte ancora una volta.

È ormai da mesi che mi porto dentro una leggerezza indescrivibile: più leggera di un capello, ma più grande di un continente.

Ero contenta e convinta che la mia natura mi spingesse in una direzione solitaria, perlomeno in ambito sentimentale. 

Non solo, non avevo voglia di una relazione, non avevo voglia di raccontarmi ancora, di conoscere, di comprendere, di scontrarmi, di scusare, di aprirmi un’ennesima volta e rimanerne delusa

Ma ehi, come più volte ho scritto ho solo il potere di essere l’autrice di questi capitoli, perché la mia vita viene riscritta quasi ogni volta, soprattutto dopo una programmazione maniacale e convinzioni scritte nella pietra. Pietra che, osservandola oggi, ha la stessa resistenza di un cracker

Esco un attimo dal romanzo ottocentesco che vi sto propinando: alla prima uscita gli sono praticamente svenuta addosso sul binario della stazione di Lambrate, a Milano. La causa scatenante era un mix di caldo, ciclo e stomaco vuoto. Il tutto fingendo di mantenere un atteggiamento tranquillo (quando in realtà parlavo come quei tipi poco raccomandabili che vi chiedono un euro nelle stazioni). 

Comunque non è scappato, mi ha teso la mano con una spontaneità incredibile. Tutte le mie convinzioni, che più che tali erano paure, timori di essere abbandonata ancora, di spaventare l’altro, di mostrarmi fragile, si sono polverizzate. Perché quella mano è ancora lì e non ho più paura ad afferrarla

Non vi ho mai raccontato i dettagli del mio trascorso in queste circostanze, non credo che lo farò, ma credetemi che in passato, per ogni mano tesa c’era un prezzo da pagare. Avevo il terrore che in qualche modo mi venisse ancora chiesto il conto, ma non è successo.

Non solo questo, ho riscoperto che tutte queste insicurezze non sono realmente tali, si tratta solo di semplice prudenza. 

Non so cosa mi riserverà l’autunno, l’inverno, i prossimi mesi, gli anni a venire. So solo che nella luce più accecante o nel buio più tetro, nella solitudine più fredda o con la compagnia più passionale, Angelica è questa, è completa ma non finita, è soddisfatta ma non annoiata, è vitale ma non eccessiva, può essere un piccolo ruscello o l’oceano per intero, ma sempre di acqua è, e di acqua rimarrà

A Luciana, che con la sua vitalità ed estrema bontà ha da insegnare tanto a tutti noi.

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