Capitolo 36: Latte e Cereali









– Aspetta…
– Che vuoi?
– Rimani…
– No!
– Ti prego. Solo per cinque minuti.
-Va bene. Cinque minuti. Ma se fai il pazzo me ne vado”.
Io non ho Paura, Niccolò Ammaniti, 2001.

Ho scoperto che la solitudine è mille colori, la solitudine è grigia, la solitudine è una rivista da quattro spicci, la solitudine è una libreria, è una menzogna, è la pura verità.

Rende aggressivi, fa sputare sentenze. 

Nessuno può entrarci in testa, assorbire tutti i nostri sentimenti, i pensieri, i malesseri, capirli come se fossero suoi e automaticamente trovare un balsamo a tutte le ferite invisibili. Non funziona così, e per fortuna, saremmo sempre dipendenti da altri, ci dimenticheremmo che “solitudine” non è solo una bestemmia.

Ognuno ha il suo isolamento, la sua stanza vuota in cui non sa se sedersi o rimanere in piedi.

Stamattina stavo facendo colazione con il latte e i cereali: ho ingurgitato una cucchiaiata di latte e cereali e ho tossito, ho sgranocchiato qualche cereale e ho tossito di nuovo, una, due, tre volte. 

Ho bevuto qualche sorso di latte e tossendo troppo energicamente ho fatto schizzare il latte sulla confezione dei cereali, ho mandato giù questo impasto masticato per troppo tempo e mi è venuta la nausea. Questa è la mia solitudine.

Può essere capita solo  da chi è nella mia situazione, e in tutto questo non c’è tristezza, non c’è rabbia, non c’è dio. È un dato di fatto e bisogna adattarcisi. Ora mi ritrovo in un isolamento forzato, ma condiviso, siamo soli, ma sorprendentemente vicini. Mentre intorno a noi vediamo solo perdita e la paura ci sussurra all’orecchio gli scenari peggiori, abbiamo infiniti occhi che vedono le stesse nostre immagini, orecchie che sentono le stesse voci impaurite.

Se c’è una cosa che ho imparato da situazioni apparentemente senza uscita è che una via la si trova sempre, ci si esce ammaccati, segnati, ma ciò che sembra fragile a un primo sguardo è ciò che ci rende più indispensabili, non agli altri, ma a noi stessi.

Perciò cerchiamoci, guardiamoci negli occhi, anche se a distanza, per dirci “Ho paura” e sentirci rispondere, perfettamente compresi: “anche io”. Scoprendo così, che di paura, ne abbiamo un po’ meno.

Quando questa pioggia avrà smesso di cadere, scopriremo prati più verdi, abbracci più caldi e ci renderemo conto che la vita, alla fine dei conti, non è la fonte dei nostri problemi, ma la più semplice tra le soluzioni.

Torna su