Capitolo 43: Si









 – Bene, gatto. Ci siamo riusciti – disse sospirando – Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante – miagolò Zorba – Ah sì? E cosa ha capito? – chiese l’umano – Che vola solo chi osa farlo – miagolò Zorba. “.
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Luis Sepúlveda, 1996.

Ho difficoltà ad iniziare questo capitolo, un po’ perché ho molte cose da dire e un po’ perché mi ritrovo confusa dopo un periodo di isolamento. A un mese dall’ultima terapia mi sono ritrovata con una nuova polmonite e tanti altri problemi, per lo più organizzativi. 

Ho accettato di mettere un Port (un accesso venoso che viene inserito chirurgicamente sotto pelle), ma la data di posizionamento era incerta, la febbre è salita così come il mio dolore ai polmoni. Ho insistito per iniziarla immediatamente e così ho fatto.

Ho chiamato un’infermiera privata per posizionarmi un catetere venoso semplice, con le mie vene stanche sapevo che non sarebbe durato molto ma non mi importava. Dopo un paio di tentativi falliti si è optato per la farfallina normale, ad ogni infusione (tre al giorno) un buco. Un continuo di cerca, scava, scava, scava, trova. Al quinto giorno si è passati ai piedi ed è stata la prima volta in cui ho pensato davvero “ok, che male”, oltre ad aver tirato giù tutti i santi nella mia testa.

Sono andata a Brescia e in pneumologia un’infermiera è riuscita a mettermi il catetere senza problemi, catetere che è durato una settimana e a cui penso dedicherò un santuario. 

In tutto questo mi è stata confermata la data di posizionamento del Port che sarebbe stata appena terminata la terapia. 

Tra le tante incertezze c’era anche quella di poter ottenere il Kaftrio in via compassionevole.

Le mie mutazioni rientrano nei requisiti, la  spirometria anche. Il fatto è che quando si ha a che fare con un’opportunità così enorme, talmente grande che non riesci nemmeno ad intravederne i contorni, sei spiazzato, hai paura e ti forzi a non pensaci troppo, perché l’illusione delusa è un vero e proprio lutto. 

Poi in una mattinata nervosa e frustrante è entrato mio papà in salotto dopo essere stato al telefono con la mia dottoressa: la voce era strozzata perché nessuno è mai abituato a queste immensità, che implodono e bloccano le corde vocali. Il Kaftrio non era più al di là della siepe, nessuna illusione, solo opportunità

Qualche giorno dopo mi sono sottoposta al posizionamento del Port, durante il quale non ho dovuto nemmeno usare le mie tecniche di rilassamento: come contare qualsiasi cosa ci sia sul soffitto, raccontarmi un aneddoto divertente o pensare a cosa mangerò subito dopo. Abbiamo inaspettatamente chiacchierato con chirurgo e operatori. Sono tornata un po’ ammaccata a casa e il giorno dopo ho firmato i consensi per ottenere il Kaftrio.

Entro fine mese potrei già averlo tra le mani e non vedo l’ora di raccontare passo dopo passo questa nuova avventura. 

So bene che non è un farmaco miracoloso, non guarirò dalla Fibrosi Cistica e non è detto che su di me abbia lo stesso effetto strabiliante che ha su un altro paziente, ma è un intero cielo che si è aperto di fronte a me, la prospettiva di una vita dove tutti i “no”, i “non posso”, i “non ci riesco”, le risate e le parole mozzate, possano diventare dei semplici e banali “si”, senza bisogno di aggiungere altro. 

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