“SOh, I get by with a little help from my friends
Mm, I get high with a little help from my friends
Mm, gonna try with a little help from my friends”
With a little help from my Friend, The Beatles, 1967.
Qualche mese fa ho piacevolmente rivisto una mia ex compagna di classe e amica, abbiamo parlato e ci siamo aggiornate come sempre sulle nostre vite. Tra un aneddoto e l’altro mi dice che “Sai la mia tesi è sulla Fibrosi Cistica”.
Mi sono emozionata, l’ho ascoltata e alla fine le ho proposto l’intervista.
Una tua piccola presentazione
Sono Elisa, ho 21 anni. Conosco Angelica da 8 anni, di cui i primi cinque trascorsi insieme alle scuole superiori. Mi sono laureata da poco in Scienze e Tecniche Psicologiche a Milano.
Cosa ti ricordi del periodo scolastico insieme? da esterna come vedevi la malattia?
Mi ricordo che siamo rimaste compagne di banco per più di tre anni, mi ricordo delle numerose volte in cui il tuo banco era vuoto di fianco a me e delle domande che spesso mi rivolgevano i professori su dove eri. Mi ricordo le tue battute, le risate e gli scherzi con il nostro gruppo di amiche, le vacanze fatte insieme. Mii ricordo i tuoi colpi di tosse forti, la febbre che spesso avevi, le volte che eri sorridente nel banco di fianco a me, le volte in cui non avevi energie, i farmaci che prendevi prima di mangiare. Mi ricordo i professori e il loro bisogno di avere voti, mi ricordo che cercavi di recuperare le lezioni che avevi perso e che fissavano interrogazioni su interrogazioni non appena tornavi a scuola. Mi ricordo anche la disponibilità di alcuni professori, la pazienza, la gentilezza, la comprensione. Da esterna rispetto alla malattia cercavo di ottenere qualche informazione in più: ti facevo un po’ di domande, guardavo su Internet, sapevo quindi quali organi colpiva la fc, qualche conseguenza che comportava e la sua origine, sapevo anche a cosa servivano le pastiglie che prendevi prima di mangiare, ma non sapevo quali altre terapie dovevi fare. Mi ricordo inoltre quando venivi ricoverata e le descrizioni che mi hai fatto di alcuni ricoveri.
Secondo te come percepivano le compagne di classe questa “situazione”?
La prima cosa che mi viene in mente è il fatto che i professori non abbiano mai parlato direttamente con noi della tua malattia, non ci hanno mai spiegato niente, nessuna informazione, come se tutto dovesse essere quasi nascosto. Questo secondo me ha influenzato la percezione di tutti i compagni di classi riguardo a questa “situazione”. Penso che la mancanza di informazioni sia determinante nell’approcciarsi ad una persona con fc, poiché se esse mancano è molto più difficile sapere come comportarsi. Ho notato quindi che i compagni di classe reagivano in modi differenti: qualcuno aveva voglia di informarsi e magari era andato su Wikipedia o su altri siti per cercare qualche notizia in più, altri non avevano fatto quel passo, qualcuno invece aveva già un parente con fc quindi era a conoscenza delle caratteristiche della malattia, qualcuno sparlava. A parer mio, la maggior parte dei nostri compagni non sapeva esattamente cosa comportasse la patologia, tranne quello che ci raccontavi ogni tanto, ma notavo la paura di qualcuno di essere troppo invadente nel farti delle domande e quindi, a causa di essa, tendeva a reprimere la richiesta di informazioni.
Una volta terminato il liceo, qual è stato il percorso che ti ha portato a scegliere proprio la Fibrosi Cistica come protagonista per la tua Tesi di Laurea?
Terminato il liceo ho scelto di studiare psicologia. Al terzo anno, quando era il momento di scegliere l’argomento per la tesi non sapevo quale argomento affrontare. Un giorno mi è venuta una specie di illuminazione: potevo scrivere una tesi su qualcosa che avevo sempre avuto davanti agli occhi per anni. Era un’ottima occasione sia per comprendere meglio la fc, sia per far conoscere questa malattia alle persone intorno a me, e anche per capire bene cosa potevi aver passato in tutti questi anni. Un evento che mi ha fatto riflettere è stato quando ho letto un articolo di una ragazza di nome Angelica di Dongo, sul lago di Como, che insieme all’amica Elisa si è battuta per la ricerca sulla fibrosi cistica ed è scomparsa a causa della malattia a 26 anni nell’ottobre 2018. Mi ha colpito molto il fatto che condividevamo gli stessi nomi delle due ragazze. Anche grazie a questo, è nata l’idea di approfondire gli effetti della fc sulla qualità di vita dei pazienti adolescenti e sui loro genitori.
Come è cambiata la tua visione della fc (se è cambiata) dopo esserti documentata?
Grazie alla lettura di articoli scientifici, ho avuto modo di potermi informare sui sintomi della fc, sulle terapie disponibili, sull’impatto psicologico che ha sugli adolescenti malati, come influenza le loro amicizie e le relazioni famigliari, e su come influenza i genitori a partire dal momento in cui viene diagnosticata la malattia al figlio. Tutto questo mi ha aperto un mondo, mi ha permesso di scoprire molte cose di cui non ero a conoscenza e di farle conoscere anche ad altre persone vicine a me. Mi ha permesso soprattutto di comprendere maggiormente quello che puoi avere provato in tutti questi anni, sia fisicamente sia mentalmente, e quello che hanno provato i tuoi genitori. Posso dire quindi che documentarmi mi ha permesso di allargare la mia visione e di avere uno sguardo più consapevole su questa realtà.
Ti sentiresti di dare qualche consiglio per compagni di classe che si trovano un malato in classe?
Consiglierei di non avere paura di chiedere informazioni al compagno di classe con fc, avendo fiducia che quest’ultimo non si offenda, ma riesca ad aprirsi e a condividere con pazienza informazioni che possono essere utili per comprendere la sua situazione. Consiglierei sia ai compagni di classe sia al ragazzo con fc di utilizzare lo strumento più potente che abbiamo, ovvero la comunicazione e il dialogo in modo da favorire l’empatia, il confronto, per far sì che non si creino pericolosi fraintendimenti. Sarebbe utile anche che il compagno di classe con fc informi gli amici riguardo le terapie che deve attuare ogni giorno, in modo che gli altri ne siano a conoscenza e sia più facile organizzare le uscite. Grazie a questo, potrebbe essere più semplice per il malato conciliare i trattamenti e gli incontri con gli amici.
C’è altro che vorresti aggiungere?
Ci terrei a sottolineare l’importanza che secondo me ha l’impegno di entrambe le parti, ovvero la volontà di entrambe le parti di capire la situazione dell’altro, di provare ad immedesimarsi nell’altro e di comprendere il suo punto di vista, in modo tale che non si formino idee a priori o infondate. Grazie a questo impegno reciproco, è possibile secondo me costruire relazioni di amicizia con basi solide.
Ringrazio ancora immensamente Elisa per tutto, senza aggiungere ulteriori parole che andrebbero solo a banalizzare il gran bene che le voglio.