Capitolo 39: Un paio di calze









It was a chorus so sublime
But the room is too quiet (oh, the fever)
I was looking for a breath of life,
A little touch of heavenly light”.
breath of life, Florence and the Machine, 2011.

In queste ultime settimane sono stata completamente fagocitata, lavoro continuo quasi senza pause.

In qualche modo sono sopravvissuta: tanto caffè e altrettante crisi nervose.

Ho tolto il picc all’inizio di Maggio, sono ritornata per la prima volta dopo mesi in un ospedale, e nonostante un po’ di ansia è andato tutto bene.

La grana della pelle attorno al buco del picc è nuova, liscia e a volte pare quasi che brilli, sembra che non ci sia mai stato nulla: nessun cerotto, irritazione o siero incrostato.

Mi stupisce sempre pensare a come ci adattiamo velocemente a tutto, e come dimentichiamo immediatamente dopo. Se avessi scritto questo capitolo il 5 Maggio avrei descritto perfettamente la sensazione di libertà, mentale e fisica, nell’aver tolto quell’accesso venoso. Oggi mi è difficile, se non impossibile, mi sono già perfettamente riadattata al mio braccio libero.

Sono iniziati poi giorni più tranquilli, dove sono riuscita a leggere una graphic novel bellissima:“La mia cosa preferita sono i mostri”, in cui i veri mostri non hanno zanne e ci assomigliano tanto.

Ho ricominciato ad uscire di casa, ho scoperto che fare tante rampe di scale con la mascherina è come stare 10 minuti sott’acqua.

Mi dispiace davvero tanto non aver più scritto, non l’ho più fatto nemmeno per me. I giorni erano tutti uguali, tanto che non notavo quasi l’alternarsi del giorno e della notte.

Non trovavo più stimoli o ispirazione, anche i miei pensieri erano corti, noiosi, privi di qualsiasi invettiva. 

Ora cerco di adattarmi in questa nuova normalità, ma credo che sarà più semplice del previsto, come ho detto prima ci adattiamo così velocemente che se ci fermiamo a pensare al “prima” i bordi della vecchia quotidianità ci appaiono sbiaditi, sfuocati e troppo lontani per aver voglia di raggiungerli.

In questi giorni che sono uscita ero un po’ impaurita, tossendo abbastanza frequentemente riconosco che è il momento più sbagliato per passare inosservati. Ieri mi sono ricordata di un vecchio esame, in cui aspettavo insieme ad un altro paziente di entrare. Mi ricordo che mi aveva chiesto curioso, ma con estrema gentilezza, perché portassi la mascherina. Ora vedo le nuove folle e penso che mi assomigliano di più. 

Mi sono licenziata da un lavoro che non era più adatto a me, mi sono comprata un iPad e un occhiale da sole. 

Tirando le somme è successo poco, ma pensando a ciò che abbiamo passato tutti durante questi mesi, alla nuova quotidianità a cui dobbiamo abituarci, questo “poco” mi sembra quasi rilassante. Un po’ come trovare due calzini appaiati in un cassetto di vedove.

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