Capitolo 32: Brucia le mie parole









Si sta facendo del male dentro, perché le frasi, gridate così nella gola, in petto, ma senza esplodere nell’aria, sono come pezzi di ferro tagliente che gli stanno ferendo i polmoni e la faringe.”.
Elena Ferrante, Storia del nuovo cognome, 2012.

Pagine bianche. Vestiti lasciati su una sedia. Polvere sulle mensole. Pause.

Lo so Angelica che ne avresti bisogno, e non delle solite pause imposte.  

La stanchezza ti ha sempre giocato brutti scherzi: poca concentrazione, tristezza, fragilità.

So che sei stufa di sentirti sottile come carta velina, che viene rovinata e spezzata da colpi di tosse troppo forti e troppo frequenti. Mi  spezza il cuore  sentirti sdrammatizzare fino allo sfinimento, scherzi e fingi di essere plastica dura, ma ci eravamo ripromesse di non farlo più. So bene che è la via più semplice, per chiudere un discorso troppo lungo, troppo doloroso, e che sappiamo a memoria.

Sento il bruciore dei graffi in gola, quando ti avvinghi con tutte le nostre forze per non cadere giù.  

E conosco benissimo il contenuto di quella porta chiusa a doppia mandata, racchiude tutte le parole che a voce alta non abbiamo mai detto, le lunghe degenze, le attese, le speranze in fondo alla strada che non riesci a raggiungere. 

Perché la morte non ti spaventa, perché avere gli occhi aperti ma i piedi murati nel pavimento è molto peggio.

Quindi ora brucia le mie parole, fanne un cumulo di cenere e fidati di me quando  dico che andrà meglio, anche se non succederà, anche se andrà peggio. Perché la positività la Fibrosi Cistica non può e non deve portarcela via. 

Ti voglio bene 

con affetto, Angelica

La ricerca deve andare avanti perché siamo esausti, perché questa routine, la nostra quotidianità non è e non deve essere la normalità, ma l’eccezione prima di una cura, una pagina bianca che aspetta solo di essere scritta.

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