Capitolo 26: Piccole come serrature









I’m going under and this time I fear there’s no one to save me
This all or nothing really got a way of driving me crazy”.
Someone you loved, Lewis Capaldi, 2018.

Ho perso il conto delle volte in cui ho scritto e cancellato questo capitolo. 

Il fatto è che qualche sabato fa avevo bisogno di un medicinale che non ero riuscita ad avere in tempo dalla farmacia dell’ospedale, quindi sono andata in farmacia con la ricetta.

Sono entrata da sola in farmacia mentre mia mamma mi aspettava in macchina.

Ho atteso il mio turno dietro la riga gialla per la privacy.

Mi sono poi avvicinata e ho allungato la ricetta al farmacista. L’ha letta, ha preso le confezioni di Ciproxin e mi ha chiesto 17 euro.

”Scusi è sicuro? Io non ho mai pagato, ho l’esenzione totale, c’è scritto” 

“Vale solo per i farmaci generici, comunque paga meno con l’esenzione”.

Sono tornata in macchina per chiedere a mia mamma conferma: “Non paghi, al massimo lasciaglieli lì”. Sono rientrata, il farmacista stava servendo un uomo con un bambino, ma mi ha fatta avvicinare comunque. 

“Guardi io non dovrei davvero pagare, ho una malattia genetica, ho l’esenzione”. Il farmacista è distratto, sistema alcune carte

“Ha qualche patologia?” Sbuffo: “Ho una malattia genetica, ho la Fibrosi Cistica” ho alzato la voce, il padre che questa volta ha sentito bene, prende con forza il braccio del bambino e lo scosta, si scostano lontano da me. Nel mentre mi punta gli occhi addosso come se fossi radioattiva.

Non che non mi sia mai successo: un anno e mezzo fa una signora anziana sull’autobus voleva sedersi al mio posto nonostante ci fossero tutti i posti a disposizione:  al mio “No guardi ci sono tutti i posti liberi, io oggi non sto bene, ho una malattia respiratoria” si era irritata e arrabbiata aveva detto che non era vero, che ero troppo giovane per avere una malattia respiratoria. Non mi ero comunque alzata, avevo retto non so come, di certo non era forza, era solo rabbia

Come ho già detto non sono un supereroe. Le avrei spaccato volentieri la testa contro la macchinetta dei biglietti, mi sono immaginata la scena per tutta la durata del viaggio. 

Non so perché, ma la rabbia in farmacia non è arrivata a salvarmi, intorno a me si è offuscata ogni cosa, avevo caldo, avevo freddo e mi sentivo così piccola da non arrivare nemmeno più al bancone. Mi sono sentita inadeguata, sporca, illuminata da mille fari che mi bruciavano la pelle. Dovevo spegnere le fiamme, spegnile spegnile spegnile

Ho aperto il portafoglio e ho pagato i miei farmaci.

“Mancano 40 centesimi, sono 17 e 40”, ho cercato nervosamente la moneta e l’ho lanciata sul bancone, ho preso la borsina e sono uscita di corsa. 

Durante il tragitto mi sono resa conto di quanto fossi stata stupida a pagare, mi sono scese le lacrime senza che riuscissi a fermarle e l’unica parola che mi rimbombava in testa era stupida

Non dovrebbero abbatterci questi episodi, vorrei dire che ci si abitua e dopo un po’ non fanno più male, ma non è così. Fanno male ogni volta allo stesso modo, quello che possiamo fare è imparare a rispondere,  non cedere e tentare di ricucire la ferita che sanguina.

Io mi sono sempre aggrappata alla rabbia, ma non è la via più adeguata, è solo la più facile.

Non bisogna vergognarsi o avere paura di mostrarsi, non lasciamo che l’ignoranza delle persone faccia traballare queste certezze. 

Perdonatemi per questo capitolo che forse sarà un po’ sconclusionato, ma nel scriverlo mi tremano le mani e gli occhi sono lucidi e bollenti.

Vorrei concludere scrivendo semplicemente quello che dico a me stessa quando sembrano mancarmi le risorse, quando mi tremano le mani come ora, quando mi sento più piccola di una serratura: non perderti

Quindi non perdetevi nemmeno voi, non perdiamoci mai.

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