Capitolo 13: Ago e filo









We all have a hunger
We all have a hunger
We all have a hunger
We all have a hunger
Hunger, Florence + The Machine, 2018.
angelica

Sono Angelica e sono una Web Designer. Faccio siti internet. Quella cosa per cui devi scrivere “www” su Google. 

Ho terminato il mio ciclo di studi di due anni a Milano, in una scuola che si chiama Mohole.

Due anni fa pensavo di uscire con competenze tecniche che mi avrebbero permesso di trovare un lavoro stimolante e che in più mi permettesse di lavorare buona parte da casa. La realtà è che ho scoperto chi è Angelica e chi può diventare, aldilà del web e della semplice collezione di competenze. 

Ero troppo abituata al luogo di studio come qualcosa di soffocante e castrante, scoprire che esistono posti dove puoi coltivare la tua creatività e identità è stato straordinario.

Sono stati due anni difficili, soprattutto i periodi finali di anno, dove la mia salute traballava parecchio. Le assenze si accumulavano e, devo ammettere, che quest’anno più di quello precedente ho pensato di rimanere sul fondale marino senza riuscire più a risalire in superficie. 

Quest’anno ho perso le lezioni dell’ultima sessione, messo in lavatrice moltissime magliette brutte, aperto infinite volte programmi per realizzare il mio progetto finale e richiuderli due minuti dopo. Due settimane fa avevo preparato un’e-mail in cui mi scusavo per la mancanza del mio progetto finale, ovvero ciò su cui si basava la sessione d’esame del 18 Giugno. Non avevo combinato nulla, mi sentivo incapace di pensare, di parlare di fronte ad una commissione, di prendere un treno, di salire i quattro scalini per raggiungere il binario.

Fortunatamente però gli ingranaggi hanno cominciato a girare meglio, e piano piano sono riemersa da quel fondale che era diventato ormai inospitale, appena prima che l’acqua diventasse catrame. Sono ritornata a lezione e non ho chiuso il programma dopo pochi minuti, in un pomeriggio ho realizzato tutta la parte grafica del mio progetto, ho migliorato la spirometria grazie ad un nuovo macchinario e ho cominciato l’insulina. Le settimane sono passate ed è arrivato il fatidico 18 Giugno.

Ho fato una “x” sul calendario, ho preso il treno delle 13:09, (faticando a trovare una carrozza con l’aria condizionata), e sono scesa a Lambrate alle 14:20. 

Ho camminato lentamente sotto il sole e ho cominciato a tossire, “bene” mi sono detta, “la solita sfiga”. 

Sono entrata a scuola e mi sono fiondata in bagno gettandomi acqua fredda ovunque, maledicendo il caldo e la gola già irritata e dolorante.

Mi sono seduta in aula vicino ad una mia compagna giustamente in ansia, e ho fatto una breve ispezione di quello che sarebbe avvenuto da lì a poco. 

Si esponeva in piedi, mentre l’anno scorso eravamo seduti davanti al tavolo della commissione. Ottimo. Io torno a casa. 

Nel mentre avevo la mia compagna che mi esponeva le sue preoccupazioni sulla paura di impappinarsi o di fare brutta figura, ed io pensavo solo alla mia ultima presentazione fatta qualche mese prima. E se fosse stata solo una triste copia? 

Ho cercato nella borsa la mia bottiglietta d’acqua.

E se comincio a tossire ininterrottamente?

Ho svitato il tappo.

Se perdessi il filo del discorso?

Ho bevuto un sorso.

Se la mia faccia diventa paonazza?

ho buttato giù diversi altri sorsi.

Se mi agito e mi si strozza la voce?

Ho finito la mia bottiglietta.

Se il vaso cade dallo scaffale e finisce in frantumi sul pavimento? Come li rimetto insieme i pezzi, lì, in piedi, davanti a tante persone che mi guardano. 

Mi era anche balenato in mente di chiedere di potermi sedere, ma non l’ho fatto

 La parte più bella non è stata il non tossire, ma il dimenticarsi dell’esistenza di quella possibilità. Ero solo Angelica, che doveva preoccuparsi di esporre il suo progetto senza accartocciarsi la lingua. 

Non ho parlato troppo veloce  per terminare prima di avere colpi di tosse, o morsa le labbra per soffocarli. 

A volte penso ai miei polmoni come ad un vecchio cane legato fuori alla catena, stufo ma ormai troppo vecchio anche per lamentarsi ed abbaiare. Quel vecchio cane Martedì correva libero e sereno in un giardino senza recinti.

Mi sono presa una piccola rivincita su quella vecchia presentazione che mi aveva fatto stringere gli occhi per non far uscire le lacrime, perché ogni tanto vinco anche io, vinciamo anche noi

Penso ci saranno tante altre presentazioni interrotte, momenti spezzati, parole e risate strappate, ma cercherò sempre di sistemarli con ogni mezzo, che sia colla, ago e filo o pazienza. 

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